Le nozze di Cana dipinte da Luca Longhi (1507-1580) tra il 1579 e il 1580 nell’antico refettorio camaldolese, ora Sala Dantesca
La Biblioteca Classense possiede fin dalle origini un vasto patrimonio culturale non esclusivamente bibliografico, composto da dipinti, opere grafiche, collezioni di cimeli danteschi e risorgimentali, monete e medaglie. Questo complesso di beni culturali ha origine con la fervida attività collezionistica dei monaci camaldolesi.
Tra le opere d’arte più significative, troviamo nella Sala Dantesca – antico refettorio monastico – Le nozze di Cana di Luca Longhi e il Sogno di San Romualdo. Il primo è un grande dipinto murale realizzato nel 1580 su commissione dall’abate Pietro Bagnoli; il secondo si trova sul soffitto della sala ed è opera di Francesco Longhi, figlio di Luca.
Dopo il 1804, quando l’abbazia classense diventa biblioteca pubblica, i beni di altri monasteri cittadini, gli acquisti e le donazioni incrementano il patrimonio librario e anche quello artistico. Oggi le pareti del Corridoio Grande ospitano un ciclo di personaggi importanti dell’ordine benedettino, nella prima parte, e una galleria di eruditi e scrittori ravennati, nella seconda. Non mancano, in altre sale della biblioteca, opere notevoli come ad esempio quelle di Francesco Zaganelli, Francesco Longhi, Cesare Pronti e Arcangelo Resani, dipinti di varia provenienza ormai storicizzati negli spazi classensi.
La collezione dantesca documenta lo stretto rapporto tra Dante Alighieri e Ravenna, città nella quale il poeta visse gli ultimi anni e che ne custodisce amorevolmente le spoglie dal 1321. Il primo nucleo risale al 1865, anno in cui le ossa di Dante furono ritrovate e ricollocate nel sepolcro. A ciò si aggiunsero man mano altri oggetti di varia natura finché nel 1921 la collezione fu allestita nei chiostri francescani a formare il Museo Dantesco (oggi Museo e Casa Dante), affidato, allora come oggi, alla cura della Classense. Tra i beni più notevoli vi sono: la cassetta lignea nella quale erano state ritrovate le spoglie del poeta; diverse opere di Carlo Wostry; i sacchi Inclusa est flamma commissionati da Gabriele d’Annunzio ad Adolfo de Carolis nel 1921; il forziere d’acciaio usato tra il 1944 e il 1945 per salvare le ossa di Dante dai pericoli della guerra e le interessanti testimonianze contemporanee che raccontano il cosiddetto “Dante pop”.
La raccolta di cimeli e documenti risorgimentali testimonia la partecipazione della città alle vicende storiche che portarono all’Unità italiana e, in particolare, l’importante ruolo svolto da alcuni ravennati nella trafila garibaldina, la fuga di Giuseppe Garibaldi nelle valli del territorio e in città dopo la caduta della Repubblica Romana (1849). La collezione conta divise, armi, carteggi, stampe, foto e documenti dalla seconda metà del diciannovesimo secolo fino alla Prima Guerra Mondiale e verrà valorizzata nel nuovo Museo del Risorgimento di Palazzo Guiccioli. In questa antica residenza nobiliare, all’interno del Museo Byron, troverà inoltre posto una raccolta di cimeli, anch’essa di proprietà della biblioteca, che documentano lo straordinario passaggio a Ravenna del grande poeta romantico (1819-1821).
Pagina aggiornata il 30/09/2024